Il quotidiano che viene posto fra parentesi. Un'operazione teatrale, artificiale, con attori viventi e minerali su fondali di cartapesta inzuppata dal vaporoso respiro del paesaggio naturale: questa potrebbe essere la prima impressione.
Guardando attraverso l'obiettivo della camera, la curvatura della lente racchiude un altrove come le parentesi curve che l'autore ha posto attorno al proprio. Nell'attuale dimensione post-tecnologica questo quotidiano è pieno di alta tecnologia e vuoto dell'umana misericordia. Allontanandosi dal flusso della connessione veloce, il quotidiano che svanisce lascia spazio ad altro. Queste fotografie si possono captare come still frame dell'altro, un altrove che viene così rivelato, anche se solo parzialmente secondo l'angolatura di campo. Nell'immagine complessiva che si percepisce, il continuum delle diverse inquadrature mostrano orizzonti alti ma colmi di nebbia, orizzonti bassi e colmi di alberi, pietre e terra. Lo sguardo è recluso tra gli elementi del paesaggio naturale, è sospeso anche quando la realtà percepita appare chiara alla comprensione, ma invece rivela altro.
I principali attori sono le pietre, gli alberi, foreste sui fianchi di montagne, corvi, vibrazioni acquee incessanti ma qui congelate ed infine le tracce della natura umana. Tracce di manufatti umani abbandonati che si possono riconoscere non per la loro originaria funzione ma solo sulla base della nostra umana misericordia. L'esistenza è misericordia, riconoscimento dell'altro e, come nella sequenza fotografica, dell'altrove.
In questo altrove il tempo che si osserva come immagine delle cose naturali è fermo ma non lo è il tempo della nostra percezione perché nell'esistere possiamo cogliere il continuum dei movimenti che ha messo in opera l'autore per atterrire l'attimo dello scatto.
E la comunità dei corvi, su alberi divorati da un possibile fulmine caduto da un cielo ignoto, che nella serie di foto c'è ma non si vede, ci rappresenta. Siamo noi o meglio ognuno di un noi-altro che sperimenta nella propria esistenza il momento in cui il continuum si manifesta prepotentemente.
Un continuum che non sono gli alberi, la nebbia o le pietre, ma è la proiezione del nostro stato d'animo quando poniamo il quotidiano fra parentesi e tentiamo di afferare le tracce esistenziali che l'occhio dell'autore a voluto proiettare nelle sue inquadrature.
Tuttavia un paradosso ci assale. Le fotografie rigurgitano una terra desolata che viene poi popolata dai nostri sguardi digitali, dalla divulgazione che ci sarà e dal suo consumo. Queste fotografie, però, non sono una risposta ma un'indagine umana misericordiosa. Forse un corvo potrebbe rispondere: benvenuti nell'epoca post-tecnologica ma je est un autre.
Sergio Corrieri - Grenoble 2017