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QUELLO CHE VEDI È QUELLO CHE OTTIENI: Lacerti di pensieri sulle pitture digitali di Ivan Dal Cin

2024-12-30 11:53

RG

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QUELLO CHE VEDI È QUELLO CHE OTTIENI: Lacerti di pensieri sulle pitture digitali di Ivan Dal Cin

ARPANET. Il 5 agosto del 1968 si verificò la prima dimostrazione pubblica di commutazione in pacchetti elettronici di informazioni. La prima rete venn

ARPANET. Il 5 agosto del 1968 si verificò la prima dimostrazione pubblica di commutazione in pacchetti elettronici di informazioni. La prima rete venne costruita nel 1969.
Tuttavia già un paio d'anni prima, il teorico canadese Marshall McLuhan aveva pubblicato il suo libro più popolare: "The Medium is the message", in cui afferma:
"Il mezzo, o processo, del nostro tempo - la tecnologia elettrica - sta rimodellando e ristrutturando i modelli di interdipendenza sociale e ogni aspetto della nostra vita personale".
La nuova comunicazione tecnologica ha trasformato la nostra percezione dell'ambiente che è diventata un luogo integrato con le informazioni virtuali. Prima della cosiddetta “netsphere”, la nostra biosfera era percepita da cinque sensi: vista, tatto, udito, gusto e senso dell'olfatto. Finestre percettive che quotidianamente sono tutte insieme impiegate per avere esperienza del mondo.
Dal nostro punto di vista, potremmo parafrasare l'affermazione di McLuhan, sostenendo che internet è oggi è il mezzo più tecnologico per comunicare, e che ha cambiato ogni aspetto del nostro mondo artistico.
Venti anni più tardi, a metà degli anni '90, il nostro mondo dell'arte ha cominciato a cambiare in modo diverso e inatteso rispetto al passato. Il cambiamento non riguardava quale tipo di nuova arte l'artista potesse produrre, ma rispondeva alla domanda sul come l'artista potesse usare i più recenti mezzi tecnologici. Allo stesso tempo, in questa nuova dimensione, musei e gallerie hanno iniziato a pubblicare i primi cd-rom interattivi, nonché guide d'arte e cataloghi non più cartacei ma editati su supporti digitali.
Dal 2000 in poi, grazie ad una più veloce connessione dei nostri notebook, smartphone e pc, in tutto il mondo, possiamo constatare che se prima esisteva un luogo fisico per ogni opera d'arte, oggi il cambiamento che c'è stato ha fatto sì che le opere d'arte siano in ogni luogo.
L'opera d'arte visualizza la nostra esperienza della creatività dell'artista.
A livello sensoriale le arti tradizionali come la pittura e la scultura ingaggiavano un dialogo serrato tra la vista e il tatto, l'architettura era legata allo spazio, mentre la danza, il teatro e poi il cinema hanno introdotto la nostra percezione al significato del tempo. Tutte le arti accadevano "hic et nunc"; in altre parole significa che l'oggetto artistico era "qui ed ora".
Ma oggi il nuovo corso tecno-culturale supporta una nuova visione in cui chi guarda su di un monitor può ammirare sia le opere d'arte più famose al mondo sia quelle poco conosciute. Lo spettatore può guardare un film, uno spettacolo o un'esposizione senza lasciare la propria casa e quando lo ritiene più comodo.
Tuttavia l'osservatore che oltre ad essere un individuo è anche parte di un pubblico di massa, può diventare una forza creativa a sua volta, un osservatore partecipante, non solo "qui ed ora" ma anche "ovunque e in qualsiasi momento". L'osservatore partecipante, infatti, può decidere cosa gli piace vedere o non vedere, e quando e dove vuole farlo.
È ovvio che l'artista così come lo spettatore ha un corpo e vive nell'ambiente sociale. Se vogliamo tracciare una linea nella storia dell'arte del secolo scorso, dal futurismo in poi, possiamo considerare come gli oggetti d'arte siano stati coinvolti nell'ambiente tecnologico. E allo stesso tempo, dal cubismo in poi, attraverso la tecnica del collage, è possibile comprendere come la vita reale sia stata catturata nel regno ideale dell'arte. Ma il dipinto era il dipinto, inteso come pigmenti su tela, e gli oggetti della vita quotidiana assumevano un nuovo significato, come ad esempio possiamo constatare in Fountain (1917) di Duchamp. È un oggetto già pronto, un readymade, e ciò ha implicato che nell'arte contemporanea il fattore psicologico sia diventato un aspetto fondamentale per la stessa pratica artistica.
La pittura tradizionale era un'estensione dell'occhio nello spazio reale, la musica era un'estensione dell'orecchio e l'architettura del corpo intero. Al giorno d'oggi i computer sono un'estensione del sistema nervoso centrale e possono alterare il modo in cui guardiamo gli oggetti d'arte e modellare l'opera d'arte stessa.
Prima dell'era dei computer, tuttavia c'è stata l'età della televisione.
Tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, nei paesi industrialmente avanzati tutte le città hanno avuto emittenti televisive. Progressivamente i dispositivi televisivi sono entrati in ogni casa. Il loro uso ha incoraggiato gli artisti verso nuove ricerche. Un caso fondamentale è stato la cosiddetta video arte, sviluppata tra anni Settanta e Ottanta. Un'opera di video arte non esiste in modo autonomo, ha bisogno di un dispositivo elettronico per essere goduta. Un video non è un pezzo unico ma è un oggetto smaterializzato. Un'opera di video arte può essere vista in Italia e contemporaneamente in Russia.
La video arte ha messo fine alla pittura. Il noto artista sudcoreano Nam June Paik ha affermato che "la tecnica del collage ha sostituito la pittura ad olio, quindi il tubo a raggi catodici sostituirà la tela".
Ma non era vero. Il dipinto esiste ancora oggi ma il video come pratica diversamente artistica possiede due fattori di originalità. Il movimento e il tempo sono diventati i principali caratteri delle immagini, che sono create dal tubo a raggi catodici. Inoltre, la video arte ha posto fine ai confini fisici dell'opera.
L'idea del video come mezzo pittorico è stata portata avanti dal gruppo moscovita chiamato SKB Prometei. Questo gruppo ha sperimentato l'uso del monitor televisivo in una serie di lavori chiamati Electronic Painter.
Dopo gli anni Ottanta, le nuove ricerche artistiche si svilupparono nel momento in cui gli artisti mischiarono i media tradizionali, ad esempio pigmenti e tele, con luci, suoni e qualsiasi altro oggetto tecnologico.
L'opera è diventata installazione accrescendo la complessità strutturale e dando più peso all'unione di scultura e architettura. Inoltre, l'immagine video essendo in movimento espande l'esperienza dello spazio, rendendolo più fluido e attivo.
Nacque così l'Environmental Art, il cui scopo principale era offrire un'esperienza artistica all inclusive, ma questo tipo di arte era ancora un'esperienza legata a uno spazio e un tempo particolari.
L'innovazione è emersa quando diversi artisti hanno iniziato a utilizzare non solo i computer, ma anche il world wide web a metà degli anni '90.
Durante il primo periodo dell'era netsphere, diversi critici usavano distinguere tra opere d'arte realizzate su internet e immagini di opere d'arte semplicemente caricate per la visualizzazione su una galleria virtuale. Tuttavia, al giorno d'oggi la proliferazione di musei online e gallerie virtuali ha cambiato questa affermazione. Lo spettatore, infatti, se è considerato non solo un consumatore ma anche un utente, può interfacciarsi con artisti e istituzioni del mondo dell'arte attraverso i suoi feedback. In molti casi anche l'artista diventa un utente. Questo è un tipo di pratica partecipativa e che spesso coinvolge messaggi politici e sociali, privilegiando le interazioni umane.
Quanto considerato finora è presente anche nelle opere di Ivan Dal Cin. Dal Cin è nato nel 1978 a Sacile (Italia), ama definirsi "post-art e graphic designer" ma è anche un teorico dell'arte relazionale ai tempi di internet.
Sul proprio sito web, https://ivandalcin.com/, Dal Cin afferma che “Il mio approccio al design digitale è diretto allo sviluppo di idee e esperienze più articolate e coinvolgenti, sia visivamente che interattivamente, mi interessa l'estetica e l'etica della comunicazione online, a cui applico alcuni strumenti pratici e concettuali presi in prestito da ricerche visive reali”
Dalla biografia di Dal Cin e dalla sua dichiarazione sopra riportata potremmo svolgere due riflessioni principali: da un lato, oggi qualsiasi artista può fare arte non necessariamente vivendo a Parigi o New York, i maggiori centri dell'art world. Oggi, grazie alla tecnologia non esiste una separazione tra centro e periferia. D'altra parte, Dal Cin suggerisce che il suo interesse è nella comunicazione online. Questo è un fattore importante che collega la sua idea di arte e il pensiero di McLuhan. Quest'ultimo aveva affermato, infatti, che l'informazione aveva modellato il mondo attraverso una rete di comunicazione; le opere di Dal Cin ci mostrano come attraverso internet una nuova arte è la comunicazione stessa.
A questo punto potremmo concentrarci su di uno suo gruppo di opere rappresentato da:
   a. Nowwhere mostra solo online;
   b. Non mi piace Fb ma/e Fb mi piace;
   c. Pitture vettoriali.
Le pitture vettoriali, o quadri digitali, sono un gruppo di opere molto importante perché in esso Dal Cin ha riassunto sia la vecchia idea di pittura e sia del readymade di duchampiana memoria con la nuova tecnologia della comunicazione. Prendendo in prestito direttamente da siti web specifici e diversi pennelli di colore si può dipingere on line. Possiamo acquistare i suoi dipinti e Dal Cin può scegliere come e dove stamparli.
La particolarità principale di questa pratica artistica è che le pitture digitale sono realizzate direttamente da algoritmi e distribuite via internet. Alla fine quello che vedi è ciò che ottieni.
Per concludere, non resta che una domanda: dove stiamo andando ? come scrisse Paul Gaugain.
Certo, non vi è una risposta definitiva, ma suggerirei che il mondo istantaneo di internet o della netsphere coinvolge tutti noi, tutti insieme virtualmente. Allo stesso modo di come questi nuovi dipinti modellati da un touch screen possono coinvolgergi.

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